Nonostante la storia ufficiale indichi che la prima chiesa in onore di San Michele sia stata eretta nel 1675, la figura del santo accompagna la città di Vasto da oltre duemila anni, cioè da prima dell’epoca cristiana. Certo, allora non si chiamava Michele e non era ancora santo, ma Mithra, un dio pagano importato dal Medio Oriente ellenistico e venerato dai Romani. Le forme dei due culti sono per molti aspetti sovrapponibili, in particolare le leggende dell’apparizione di San Michele a Monte Sant’Angelo e a Liscia, che richiamano fedelmente i racconti legati a Mithra.

Non abbiamo testimonianze dirette, ma si può ipotizzare che, in epoca tardo-romana, il culto di Mithra fosse già presente in questa zona. Mithra era venerato nei “mitrei”, grotte con una fonte d’acqua. Probabilmente anche Monte Sant’Angelo e il santuario di San Michele a Liscia furono in origine mitrei. La collina dei Tre Segni, a sud di Histonium, era una zona ricca di sorgenti, perfetta per luoghi di culto simili.
Con la fine dell’Impero Romano d’Occidente, i cristiani identificarono nell’Arcangelo Michele il corrispettivo di Mithra.

Il culto micaelico e degli arcangeli restò importante fra i cristiani ortodossi, ma fu durante il periodo bizantino che San Michele assunse un ruolo fondamentale nel culto cittadino.

Nei documenti altomedievali, infatti, Histonium è denominata Istonium Sancti Archangeli (“Istonio di Sant’Arcangelo”). Questa devozione fu probabilmente potenziata dalla dominazione longobarda e continuò per secoli, con l’ultima attestazione documentata nel 1131, in una bolla papale di Innocenzo II.

I Longobardi, giunti come élite conquistatrice alla fine del VI secolo, assimilarono la religione e i costumi romani adattandoli alla loro cultura. In San Michele riconobbero i tratti di Odino, la principale divinità del loro pantheon, dedicandogli i principali luoghi di culto. È plausibile che anche nei castra longobardi della zona il santo avesse un ruolo rilevante. Vasto, inoltre, si trova sulla linea micaelica, che unisce i principali santuari di San Michele in Europa e Medio Oriente, da Skellig Michael al Monte Carmelo, passando per la Sacra di San Michele e Monte Sant’Angelo.

Il culto dell’Arcangelo Michele, dopo un periodo di minore diffusione, riprese forza all’inizio del Cinquecento, quando Antonio Loduca fondò la confraternita dei Sette Arcangeli, riallacciandosi alla tradizione bizantina e trovando il favore degli umanisti interessati ai significati esoterici attribuiti agli arcangeli.

Tra questi, Michele era il più rilevante, con due nature che derivavano dalla tradizione giudaica e da quella iranica-ellenistica. Nella prima, propria dell’Angelo del libro di Enoch, Michele è il comandante degli angeli che sconfigge il diavolo e traccia con la spada il solco della via micaelica. Nella seconda, legata al culto di Mithra, la lotta con il demonio assume il significato metaforico della luce contro le tenebre, cioè della sapienza contro l’ignoranza.

Con la Controriforma e il Concilio di Trento, il culto dei Sette Arcangeli fu vietato. Tuttavia, la devozione per San Michele rimase viva, soprattutto nei circoli illuministici e nelle confraternite massoniche come la Carboneria, dove l’Arcangelo era simbolo della conoscenza che sconfigge le tenebre della menzogna e dell’ignoranza. La figura di San Michele è arrivata fino ai nostri giorni mantenendo questa dualità: da un lato il campione della devozione popolare, dall’altro il simbolo esoterico della conoscenza iniziatica condivisa in ristretti circoli di adepti.