Cesare Michelangelo d’Avalos d’Aquino d’Aragona nacque a Vasto il 15 gennaio del 1667, dove venne battezzato il 19 gennaio nella chiesa di Santa Maria Maggiore, figlio terzogenito di Diego I d’Avalos, marchese del Vasto. In seguito alla morte prematura del proprio fratello maggiore senza eredi in vita, Cesare Michelangelo divenne marchese di Pescara. Alla morte del padre, ereditò nel 1697 i titoli di marchese del Vasto ed altri 30 titoli e signorie che si estendevano da Pescara a Isernia.

l suo matrimonio con Ippolita d’Avalos di Troia, figlia di Giovanni d’Avalos d’Aquino, principe di Troia gli consentì di riunire i due rami della famiglia, quello abruzzese e quello pugliese, divenendo uno dei feudatari più importanti del Regno di Napoli per estensione dei territori e per rendite fondiarie.

All’inizio del XVIII secolo il regno, che apparteneva alla corona di Spagna ed era governato da un viceré, il Conte di Medinaceli, stava entrando in fibrillazione a causa della morte senza eredi del re Carlo II e della probabile guerra fra gli Asburgo d’Austria e i Borbone di Francia per la successione spagnola.

In seguito a dei contrasti con il viceré e con altri nobili filo-borbonici, Cesare Michelangelo si schierò con il partito asburgico. Temendo un conflitto, nel 1700 Cesare Michelangelo acquistò il Castello Caldoresco dalla città e lo fece restaurare, scavando nuovi fossati e aggiungendo la torre cilindrica che ancora oggi ne connota il profilo. 

Alla morte di Carlo II, il marchese aderì alla congiura di Macchia, un tentativo di alcuni nobili del regno di Napoli per scalzare il partito borbonico, ma la congiura venne scoperta e i suoi promotori arrestati e poi giustiziati. Il Marchese del Vasto, che al momento dell’azione militare si era sottratto ai suoi impegni, venne dichiarato ribelle dal nuovo re Filippo V di Borbone e il 29 ottobre 1701 dovette fuggire precipitosamente da Vasto per evitare l’arresto. Sua moglie Ippolita, rifugiatasi presso il convento delle clarisse, poté raggiungerlo solo dopo alcuni mesi.

I marchesi del Vasto si rifugiarono inizialmente presso il papa Clemente XI, ma poterono restarvi pochi mesi a causa dell’adesione del papa al partito Borbonico e alla conseguente condanna a morte comminata a Cesare Michelangelo il 18 marzo del 1702 a seguito di una denuncia del cardinale francese de Forbin-Janson.

Il marchese del Vasto si unì quindi all’esercito asburgico con il grado di Comandante degli eserciti imperiali. Per l’imperatore Leopoldo I, infatti, il marchesato di Vasto era una pedina importante nella guerra che, nel frattempo, vedeva opposte da un lato Spagna e Francia e, dall’altro, Inghilterra, Province Unite e Sacro romano impero riunite nella Lega di Augusta. 

Viste le scarse esperienze d’armi, il Marchese fu poi richiamato a Vienna, dove visse alla corte asburgica dove venne nominato Principe del Sacro Romano impero e dove, alla conquista della corona spagnola da parte degli Asburgo nel 1805, divenne ambasciatore del nuovo re di Spagna, Carlo III di Asburgo, presso la corte del padre Leopoldo I.

Dopo l’abbandono della Lega di Augusta da parte dell’Inghilterra nel 1707, la guerra di successione si protrasse per altri 6 anni, fino al trattato di Utrecht, con il quale gli Asburgo rinunciarono alla Spagna, tenendosi però il regno di Napoli su cui si insediò proprio l’ormai Imperatore del Sacro Romano Impero Carlo d’Asburgo con il nome di Carlo VI.

Sempre nel 1713 Cesare Michelangelo d’Avalos vene quindi restaurato nei suoi possedimenti e fece ritorno a Vasto con l’intento di renderla “l’Atene degli Abruzzi” e dove visse nello sfarzo fino alla morte avvenuta nel 1729.

Con il ritorno dei Borbone sul Regno di Napoli nel 1730, si ebbe un significativo ridimensionamento dei possedimenti dei d’Avalos. Molti feudi vennero infatti ceduti o sequestrati. Una parte dei titoli e dei possedimenti venne infine riconosciuta nel 1743 all’erede del marchese, il nipote Giovan Battista d’Avalos, esponente del ramo pugliese della famiglia, ma il ricordo del marchese Cesare Michelangelo venne lungamente oscurato, tanto che ad oggi non è dato di sapere con certezza neanche quale sia stato il luogo della sua sepoltura.