La chiesa di Sant’Antonio di Padova si affaccia oggi su via Adriatica, e il suo esterno non presenta elementi di particolare interesse architettonico. Si tratta infatti della chiesa di un ex convento francescano, costruita ad una sola navata, e priva di qualsiasi rivestimento anche sulla facciata in mattoni. Qui sono ancora ben visibili le buche pontaie, utilizzate al momento della sua costruzione, per fissare i pali delle impalcature.

La storia della chiesa, invece, è molto suggestiva, così come il suo interno, che rappresenta un bell’esempio di barocco napoletano.

In questo angolo dell’antica città romana, erano presenti gli edifici delle terme, che già in periodo paleocristiano, erano serviti per l’edificazione di un luogo di culto, la chiesa di Santa Croce. All’inizio del Duecento, i frati francescani, secondo una leggenda guidati dallo stesso San Francesco, avrebbero fondato qui una confraternita, intitolata alla Santissima Trinità dei pellegrini, e successivamente, al santo francescano Fernando Martins de Bulhões, canonizzato con il nome di Sant’Antonio di Padova.

Un lascito del 1271, riporta la volontà di una vedova, di lasciare la propria casa alla congregazione per realizzarvi un ospedale, mentre l’organizzazione di un capitolo provinciale dei francescani nel 1336, testimonia la presenza di un convento, che possiamo immaginare in quella data già ultimato e pienamente operante.

L’edificio che vediamo oggi non è certamente quello medievale, di cui si conserva solamente il semplice portale gotico, ma la ricostruzione operata all’inizio del Settecento, con la sopraelevazione della struttura e la decorazione interna, eseguita nel 1723 a spese del conte Carlo de Nardis, ricco gentiluomo vastese e Priore della Confraternita di Sant’Antonio.

Con la soppressione degli ordini religiosi nel periodo bonapartiano, il convento venne abbandonato, e poi acquisito dalla municipalità, che lo destinò prima a sede della sottoprefettura, poi a museo, e successivamente a sede delle scuole elementari, in cui hanno studiato generazioni di piccoli vastesi.

La frana del 1956 ha portato alla rovina della struttura conventuale, sotto di cui sono state successivamente scoperte le antiche terme romane. Allo stesso modo, ha provocato l’abbattimento della vicina collegiata di San Pietro, e il trasferimento della sede parrocchiale e di alcune importanti reliquie ed opere d’arte sacra, presso la chiesa di Sant’Antonio.

L’interno della chiesa di Sant’Antonio, restaurato nel 1990, a seguito della conferma dei privilegi del giubileo dei vastesi da parte di Giovanni Paolo II, si presenta oggi nelle spettacolari forme barocche volute dal conte De Nardis.

Al di sopra della bussola di ingresso, si erge la cantoria con le statue lignee del Cristo Risorto, San Pietro e San Paolo, degli inizi del Seicento. Ai due lati, bassorilievi della vita di Sant’Antonio di Padova. Sul lato destro, due altari dedicati rispettivamente a San Francesco e Sant’Antonio, con statue lignee cinquecentesche dei due santi.

Sopra l’altare maggiore, il grande crocifisso ligneo settecentesco di Giacomo Colombo, proveniente dalla chiesa di San Pietro, così come l’ostensorio in argento con la reliquia della Santa Croce posto sull’altare maggiore, e la statua in terracotta di San Pietro Papa, realizzata nel 1797 da Luigi Vassetta.

La statua posta sulla navata destra prima del presbiterio, presenta l’alluce del piede sinistro consumato dall’abitudine dei fedeli, di baciare il piede al santo in occasione della sua festa.