A Vasto, già agli inizi dell’800, la Carboneria era presente sotto il nome di “Vendita dei Filantropi Istoniesi”. La sede iniziale della vendita si trovava in un sotterraneo del Portone Panzotto, nel quartiere di Santa Maria. Successivamente, nel 1811, la sede fu trasferita prima nel convento di Santo Spirito e poi in quello di San Francesco.
Uno dei carbonari più noti e attivi fu Francesco Paolo Ciccarone, che nel 1799 aveva già partecipato, agli ordini di Ettore Carafa, alla difesa della Repubblica Partenopea nella fortezza di Pescara contro le truppe sanfediste.
Nel 1820 il capo della Carboneria vastese era il canonico Don Romualdo Casilli, promotore dell’insolito conferimento della Fascia di Gran Maestro della Carboneria a San Michele Arcangelo. La statua del santo fu portata in processione dalla cappella seicentesca dedicata all’Arcangelo, situata sulla collina dei Tre Segni, fino alla cattedrale di San Giuseppe e poi riportata alla sua cappella, accompagnata da clero, battaglione nazionale e popolo.
Questa vicenda non sorprende, poiché nei primi decenni dell’Ottocento la Carboneria era tollerata dal regime e in alcuni casi persino sostenuta dalla Chiesa. Anche il vescovo di Chieti, Francesco Saverio Bassi, era affiliato. La situazione cambiò drammaticamente dopo la sconfitta dei moti carbonari del 7 marzo 1821 nella battaglia di Antrodoco, a cui partecipò anche un battaglione di vastesi guidato dal barone Luigi Cardone. Dopo la repressione ordinata da Ferdinando I, oltre duemila carbonari furono condannati a morte. A Vasto gli affiliati si dispersero e il sigillo di Gran Emblema dei “Filantropi Istoniesi – Oriente di Vasto” fu gettato nell’Adriatico, riemergendo soltanto nel 1926.
Oggi il sigillo, conservato presso il Museo Archeologico, reca un ramo di agrifoglio verde, un braccio che impugna una scure pronta ad abbattere una corona (simbolo del potere), il sole nascente con il berretto frigio (simbolo della libertà), accompagnato da una zappa e una scure, e le scritte relative alla rivendita dei Filantropi Istoniesi di Vasto.
Nel 1842 a Vasto giunse la Giovine Italia, l’associazione segreta fondata nel 1831 da Giuseppe Mazzini per trasformare l’Italia in una repubblica democratica unitaria. A capo della sezione vastese fu nominato Gaetano Crisci, che fece della sua casa presso la porta di Santa Maria il luogo di incontro della confraternita. Dal terrazzo sopra la porta, gli affiliati comunicavano con i compagni nei paesi limitrofi del Molise attraverso segnali di fuoco e apparecchiature ottiche. Tuttavia, nel 1845 i patrioti furono scoperti e denunciati come cospiratori.
Dopo la morte del barone Luigi Cardone, nel 1855, i liberali vastesi si riunirono intorno al genero Silvio Ciccarone, figlio del carbonaro Francesco Paolo e membro della Giovine Italia. La casa dei Ciccarone divenne un punto di ritrovo per i patrioti della provincia.
Nel 1860, con la notizia dell’arrivo di Garibaldi, gli affiliati partirono da lì per occupare la sottoprefettura e abbattere le insegne borboniche. Vasto fu così la prima città abruzzese a insorgere in nome di Vittorio Emanuele II e Garibaldi, e Silvio Ciccarone fu nominato “prodittatore” in attesa del plebiscito per l’annessione al Regno di Sardegna e la costituzione del Regno d’Italia.