Nel 1816 Vasto subì un evento franoso, a cui sarebbero seguiti diversi altri fino alla grande frana del 1956, che distrusse parte della città romana e l’antica chiesa di San Pietro.

Anche l’evento del 1816 colpì il costone orientale della città, interessando il tratto che si estendeva dal belvedere di Porta Catena al belvedere di San Michele. In modo simile a quanto sarebbe accaduto cent’anni dopo, lo smottamento della collina verso il mare fu causato dalle abbondanti nevicate di un inverno particolarmente rigido e dal repentino scioglimento delle nevi con l’arrivo di temperature più miti.

In particolare, la frana del 1816 si verificò il primo giorno di aprile e durò tre giorni.

L’enorme massa di terra interessata non coinvolse la roccia su cui poggia la città, per cui, diversamente dalla frana del 1956, il fenomeno fu relativamente lento, consentendo a fattori e coloni del versante orientale di mettere in salvo sé stessi e i loro beni.

Lo smottamento rese il fronte orientale della città più scosceso rispetto a prima e causò il crollo di due chiese: la chiesa di Cona a Mare, situata vicino alla spiaggia, e la Madonna della Neve, che comprendeva anche una fonte d’acqua. Quest’ultima fonte fu ricostruita in stile neoclassico dall’architetto Nicola Maria Pietrocola nel 1849, prendendo il nome di “Fonte Nuova”.

Le due chiese, invece, non furono mai ricostruite. Di esse rimangono due preziose opere d’arte: il trittico di Cona a Mare, olio su legno realizzato da Michele Greco da Valona nel 1505 e oggi custodito presso la Cattedrale, e una tela settecentesca della Madonna della Neve, esposta nella Chiesa di Santa Maria Maggiore.