Il 22 febbraio 1956, Vasto fu sconvolta da un evento che segnò profondamente la sua storia: una vasta frana fece crollare verso il mare la via Adriatica e la prima fila di case che vi si affacciava, portando via con sé una importante fetta della città storica e costringendo all’evacuazione di oltre 100 famiglie.
Sebbene fosse inizialmente rimasta in piedi, anche la grande chiesa collegiata di San Pietro riportò danni strutturali così gravi che, dopo un dibattito durato qualche anno, venne demolita perché giudicata irrecuperabile.


La frana, avvenuta improvvisamente verso le 10.45 di una domenica mattina, non causò vittime: gli edifici direttamente interessati erano già stati sgomberati, poiché il movimento franoso era iniziato l’anno precedente. Si sapeva, inoltre, che la zona era fortemente a rischio a causa di una falda acquifera che aveva eroso la roccia calcarea su cui la città era costruita. Il costone orientale di Vasto, nel tratto a sud dell’abitato, era stato interessato da una frana rovinosa già nel 1816, e frane minori erano avvenute nel 1942, il che aveva portato al rinforzo del terrapieno di via Adriatica proprio sul finire della Seconda guerra mondiale.

Purtroppo, l’inverno del 1956 fu il più freddo e nevoso del secolo. Al termine delle grandi nevicate di febbraio, l’aumento delle temperature e le piogge che sciolsero rapidamente la neve accumulata portarono una grande quantità di acqua a infiltrarsi nel terreno, causando lo sgretolamento della parete di roccia.

Il trauma psicologico per la popolazione fu terribile, aggravato dalla demolizione della chiesa di San Pietro. Ancora oggi, a distanza di quasi settant’anni, si discute se questa misura fosse davvero necessaria.
L’evento ebbe eco a livello nazionale: una gara di solidarietà permise di raccogliere velocemente fondi per gli sfollati. Anche l’ex re d’Italia, Umberto di Savoia, che era stato ospite a Vasto nel 1926 per l’inaugurazione della piazza intitolata a Gabriele Rossetti, partecipò inviando in città il ministro della Real Casa, Falcone Lucifero, con mezzi di primo soccorso per la popolazione.


La frana del 1956, insieme ai disagi materiali e al trauma psicologico, portò però anche qualche beneficio.

La risistemazione della via Adriatica, con il declivio creatosi e l’introduzione di nuova vegetazione, permise di creare il secondo parco cittadino dopo la Villa Comunale. L’abbattimento di edifici di origine medievale, come il convento di San Francesco, favorì inoltre la riscoperta di importanti resti romani, tra cui le terme.