L’esterno di Santa Maria Maggiore è irregolare e realizzato in mattone grezzo. Non possiede le attrattive artistiche del suo interno neoclassico, ma presenta numerosi segni delle trasformazioni subite dal grande edificio nel corso del tempo. Per questo motivo, merita di essere osservato compiendo il periplo dell’intera struttura.

Partendo dal vestibolo d’ingresso su via Santa Maria, si notano forme tardo-barocche attribuibili ai lavori di ampliamento avviati nel 1785. La piccola facciata, che corrisponde alle dimensioni della navata destra, si presenta con un solo ordine, una lesena sul lato destro e un portale decorato a bugnato. La copertura curva, la finestra e la lanterna sul timpano sono ulteriori elementi tipici del tardo Barocco.

Spostandoci sul lato ovest della chiesa, il muro si mostra irregolare fino a una sporgenza che individua l’antico transetto. Alzando lo sguardo, si nota il corpo arretrato della navata principale, con le grandi finestre che illuminano l’interno. Le finestre della navata destra, invece, sono tutte murate. Nel muro perimetrale si intravedono resti di due colonne che facevano parte del porticato costruito da Mastro Berardo nel 1234.

Questo dettaglio permette di comprendere che, in origine, la chiesa seguiva un orientamento est-ovest, con l’abside rivolto verso oriente. Durante l’ampliamento settecentesco, l’edificio fu riorientato nord-sud, come appare oggi.

Proseguendo, si raggiunge Piazza del Tomolo, dove la navata laterale termina con la sacrestia. Sul lato sud della chiesa, lungo via Reno, si staglia l’imponente abside, sistemato nella prima metà dell’Ottocento insieme alla cripta di San Cesario, su progetto dell’architetto Nicola Maria Pietrocola.

L’abside colpisce per le sue dimensioni, pur mantenendo una struttura lineare impreziosita solo da lesene e un cornicione, entrambi in mattone. Sul lato ovest dell’abside, a circa 7 metri di altezza, è collocata la lastra tombale di un dignitario normanno. La fantasia popolare vi ha individuato l’immagine stilizzata della morte, soprannominata affettuosamente “Zà Mascia” (Zia Tommasa), attorno alla quale sono nate numerose leggende.

Continuando il periplo, ci si addentra negli stretti vicoli medievali. Lungo via Lupacchino e via De Sanctis, si passa accanto alla seconda sacrestia di Santa Maria, che ospita la Confraternita della Sacra Spina. Arrivati su via Tiziano, si torna verso il corpo principale della chiesa, fino alla graziosa piazzetta all’inizio della navata sinistra.

Qui, all’esterno della cappella del Gonfalone, si possono ammirare i resti di una bifora quattrocentesca, risalente alla costruzione della cappella stessa.

A separare questa zona da via Santa Maria c’è il grande campanile, addossato alla navata principale. Il campanile, costruito in tre fasi, ha una base costituita dai muri perimetrali di un’antica fortificazione nota come “La Battaglia”. Questo nucleo, probabilmente un punto difensivo principale delle mura normanne, fu successivamente adattato in epoca angioina, con colonne, un cornicione e beccatelli in pietra squadrata.

Campanile chiesa Santa Maria
Campanile chiesa Santa Maria

Il fusto del campanile, costruito nel 1331, conserva due finestre a sesto acuto per lato. La muratura fu successivamente modificata con un innalzamento realizzato tra il 1714 e il 1730, durante il governo di Cesare Michelangelo d’Avalos. In questa fase furono aggiunti lesene e cornicione, che fanno da base alla monumentale cella campanaria.

Tornando di fronte all’ingresso, si osserva il muro ovest della “Battaglia”. Tra gli archetti ogivali in mattone, nel riempimento tra le colonne, si trovano due stemmi in pietra del Quattrocento. Il primo, raffigurante un agnello sormontato da una croce, rappresenta il capitolo della chiesa di Santa Maria. Il secondo, con due triangoli isosceli sormontati da una corona, rappresenta lo stemma di Vasto, allora città del demanio regio, e della famiglia Durazzo, che all’epoca regnava sul Regno di Napoli.